Compie oggi quarant’anni.
Ma non è uno splendido quarantenne; è affaticato, sovrappeso e con parecchi problemi di salute.
E’ l’istituto del divorzio, introdotto appunto quarant’anni fa dalla gloriosa legge “Fortuna-Baslini”, la n.898 del primo dicembre 1970.
Una legge benemerita, che ha permesso di liberare centinaia di migliaia di persone da vite infelici prima senza sbocco; ma che soffre, nell’applicazione concreta di ogni giorno, le pesantezze di un sistema giudiziario al collasso, in cui le sofferenze e le aspettative del coniuge e ancor di più del genitore non possono trovare la giusta attenzione.
Leggo che un collega matrimonialista sta ultimando il suo libro “27 minuti”, il cui titolo evidenzia la durata media della (importantissima) prima udienza, nella quale il presidente pronuncia i primi incisivi provvedimenti sulla casa, i figli, gli assegni.
E’ un dato già triste; ma la nostra esperienza parla di medie addirittura inferiori, direi non superiori ai venti minuti; e in quel ristretto lasso di tempo si ascolta prima l’uno poi l’altro coniuge e infine si sentono entrambi insieme (avvocati compresi), con esclusione di qualsiasi possibilità di serio approfondimento e totale affidamento al fiuto e al buon senso del magistrato che ci è toccato in sorte (in genere si tratta di persone assai accorte e d’esperienza; ma non possono essere anche degl’indovini).
Mancano -come sempre, quando si parla della giustizia civile- i mezzi tecnici, le strutture di supporto, il personale… e in alcuni casi anche la volontà di far funzionare meglio il meccanismo.
Quanto alla legge in sé, (il cui anniversario non ci stancheremo di festeggiare come grande conquista di civiltà), non si può non notare come il meccanismo che regola la crisi del matrimonio sia decisamente datato e necessiti di una profonda revisione, come ha del resto ben evidenziato ancora oggi il collega Cesare Rimini.
E’ in particolare urgente, a mio giudizio, riconsiderare l’istituto della separazione, nel senso di abolirlo definitivamente (come inutile strascico di una relazione coniugale ormai esauritasi); o al massimo, renderlo facoltativo, esperibile nella sola ipotesi in cui entrambi i coniugi chiedano (davvero, in quel caso) un periodo di tempo in cui riflettere, vivendo lontani, sul loro matrimonio.
In quindici anni che seguo separazioni, per la verità, il numero totale di riconciliazioni di coppie già separate cui ho potuto assistere ammonta al glorioso ammontare di… una sola.
E nel caso ve lo stiate domandando: dopo qualche anno, anch’essi si sono nuovamente separati.