Una guida semplice per imposte e tasse… gratis.

Stavolta vi segnalo l’esistenza di una guida -a quel che sento in giro non troppo conosciuta- che spiega in modo semplice e abbastanza completo (anche con esempi e illustrazioni) come funziona il sistema italiano delle tante imposte e tasse che ci… circondano, comprese le modalità per porre rimedio agli eventuali errori, per fare ricorso (o trovare un accordo) etc.

E’ l’Annuario del contribuente (il nome per la verità l’avrei scelto un poco più ‘amichevole’).

Ed è gratuito.

Lo pubblica ogni anno l’Agenzia delle Entrate, nei loro uffici si trova (si dovrebbe trovare) anche stampato, ma il consiglio è di scaricarlo online QUI , anche perché la versione online viene aggiornata, se necessario, anche nel corso dello stesso anno (quella attuale è aggiornata al 28/3/12).

 

Esiste anche una vera e propria rivista telematica dell’Agenzia delle Entrate, FiscoOggi; anche qui, molte le guide e gli articoli interessanti.

Buona lettura!

 

 

TEMPO DI CRISI? ATTENTI ALLE FALSE SEPARAZIONI.

 

Chi si occupa professionalmente di diritto di famiglia prima o poi si trova di fronte clienti che ‘hanno bisogno di una separazione’.

Non sono persone con un rapporto coniugale in crisi, ma coppie (la richiesta è infatti congiunta) che intendono separarsi fittiziamente, formalmente, al solo fine di ottenere in modo distorto dei benefici (magari solo un miglior punteggio nelle graduatorie per gli asili pubblici o simili) o evitarsi dei danni (come l’aggressione dei propri beni da parte dei creditori).

L’attuale periodo di profonda crisi, il crescere della pressione fiscale (si pensi solo all’IMU) e la stagnazione economica non fanno che incoraggiare la ricerca di soluzioni di questo tipo.

Personalmente però non amo e non incoraggio questo tipo di richieste, sempre ammesso che siano esplicitate: spesso si tace, al massimo… si ammicca.

Innanzitutto ritengo che sia moralmente -prima ancora che giuridicamente- scorretto avvantaggiarsi in questo modo rispetto a chi invece ha reali (o comunque più gravi) situazioni di disagio; né va dimenticato che l’uso improprio delle tutele di legge finisce per vanificarle e renderle in sostanza inutili per tutti.

 Ma c’è anche un motivo ‘tecnico’ che mi spinge a consigliare la massima cautela nell’avventurarsi su simili sentieri.

Generalmente infatti chi si vuole separare per tali fini non presta la minima attenzione a quel che viene scritto nel ricorso; gl’interessa il risultato (indiretto) per cui chiede di separarsi, mentre spesso non legge nemmeno il contenuto delle condizioni… che egli stesso sta chiedendo di applicare.

Ancora peggio, a volte l’interessato recupera, magari da chissà quale angolo d’internet, un fac-simile che completa e stampa per conto suo, senza avere il minimo supporto tecnico-giuridico.

Nel far ciò si dimentica (o meglio s’ignora) che la legge -e il tribunale che la applica- non prevedono separazioni ‘finte’; anzi, se il giudice che ascolta i coniugi dovesse percepire l’inesistenza della crisi della coppia, non potrebbe far altro che rigettare il ricorso.

Dunque una separazione omologata (=approvata) dal tribunale è una separazione vera e propria, a ogni effetto di legge.

 E può essere azionata dall’interessato.

Perciò se uno dei due coniugi ha in cuor suo l’intenzione di separarsi davvero, ottenuta la separazione ‘finta’ (ma per la legge verissima) non dovrà far altro che pretenderne (con le buone o con le cattive) l’attuazione ed esecuzione, potendo ad es. pretendere che l’altro esca dalla casa coniugale, versi l’assegno pattuito etc.

A parti invertite, il coniuge economicamente a carico (esempio classico: la moglie casalinga) potrebbe ritrovarsi ad aver firmato un accordo per cui ‘ognuno dei coniugi provvede da sè

al proprio mantenimento’; in pratica, pur non avendo reddito non avrà diritto a un assegno mensile (e queste sono condizioni che non si possono cambiare -nemmeno in tribunale- se non cambia la situazione economica dei coniugi).

Se pensate che sia un’ipotesi remota, vi sbagliate di grosso.

Ho avuto personalmente a che fare con persone che, separatesi per evitare l’aggressione dei creditori dell’altro coniuge, sono poi venute in studio sospirando per dire che tutto sommato il loro matrimonio tanto bene non andava e dunque quella separazione, teoricamente solo di carta, sarebbe stata azionata e applicata davvero.

Contro una simile eventualità non ci sono rimedi legali di facile attuazione.

Dunque in tali casi son dolori, per il coniuge svantaggiato e fors’anche per l’avvocato che gli ha fatto sottoscrivere con eccessiva disinvoltura un ricorso ‘precotto’.

E allora l’unica strada possibile per un avvocato serio (e per i coniugi che non vogliano rischiare di rovinarsi con le loro stesse mani) ritengo sia quella di predisporre e sottoscrivere sempre e comunque un “vero” ricorso per separazione, tagliato sul caso concreto e rispettoso delle condizioni reali della coppia.

Tra l’altro, questo avrà l’ulteriore importante effetto di far ben riflettere assai meglio marito e moglie -e sotto diversi profili.

Se questo alla fine per l’avvocato vorrà dire curare una separazione in meno… poco male.

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[L’immagine è di 401K (CC)]

 

SEPARAZIONE, PUO’ INTERVENIRE IN GIUDIZIO IL FIGLIO MAGGIORENNE

 

Ho rilasciato una breve intervista a JusticeTV (canale 586 di Sky) sulla possibilità per il figlio maggiorenne d’intervenire nel giudizio di separazione tra i genitori, recentemente sancita dalla Cassazione (sentenza 4296 del 19 marzo 2012).

L’intervista in video, andata in onda nel JusticeTG, è visibile per i soli abbonati, mentre la (parziale) trascrizione dell’articolo è liberamente consultabile QUI.

 


QUELLO CHE NON VI DICONO DELLA MEDIAZIONE (3) Con circolazione stradale e condominio arriva il colpo di grazia.

  Riprendo a distanza di tempo un tema già trattato sul nostro sito (qui, qui e ancora qui): quello della mediazione obbligatoria.

Come forse avrete già letto, da oggi il tentativo di mediazione diventa infatti obbligatorio anche nelle materie (di grande rilevanza numerica) della circolazione stradale e delle liti condominiali.

Leggevo già lunedì annunci entusiastici, valga per tutti quello del Corriere della sera – inserto Economia (ancora consultabile online) che addirittura parlano di una “giustizia che diventa più veloce.”

Magari.

Come già spiegato nei precedenti interventi il passaggio obbligato  per la fase della mediazione inevitabilmente allunga i tempi della vicenda processuale (come già del resto verifichiamo quotidianamente per le materie già a regime) e rallenta l’ingresso nel giudizio.

Attualmente, infatti, in una fetta assai rilevante di casi la parte chiamata davanti al mediatore non si presenta affatto, così  vanificando il procedimento; e nei casi residui in cui le parti riescono a dibattere davanti al mediatore, solo un terzo dei casi si risolve con un accordo.

Nella maggior parte dei casi, dunque, chi vuole vedere tutelato un suo legittimo diritto ha inutilmente pagato i costi della procedura di mediazione (dunque ha già sborsato qualche centinaio di euro).

Preso atto del fallimento della mediazione, l’avvocato dovrà promuovere il giudizio vero e proprio (se va bene , nel frattempo saranno passati almeno sei mesi); e la parte dovrà già da subito pagare il ‘contributo unificato’, termine ambiguo con cui s’indica una vera e propria tassa sulle cause (peraltro elevata ben due volte nell’ultimo anno) e dare almeno un minimo anticipo al legale (che deve anche provvedere agli accertamenti anagrafici, societari etc. e alle notifiche di rito –anche qui, si paga non poco).

La causa durerà, come al solito, una media di tre/quattro anni in primo grado; e altri quattro/cinque l’eventuale appello.

Ah, dirà chi ha avuto la pazienza di leggerci, ci risiamo, gli avvocati temono di perdere una fonte di guadagno (la causa).

Questo è del resto il ragionamento strisciante che dalle tv e dai giornali si cerca di far passare; tra l’altro, col risultato nel lungo periodo di minare ancor di più il rapporto fiduciario tra difensore e cliente, con pregiudizio per quest’ultimo che si sentirà sempre più… solo e perciò incapace di tutelare le proprie ragioni).

L’articolo sopra citato ad es. così si esprime: “Si tratta di tipologie che occupano una fetta importante dei fatturati degli avvocati (soprattutto del Meridione) ed è per questo che lo scontro tra le parti è destinato a crescere anche nei prossimi mesi.

Il nostro studio legale di regola non tratta  circolazione stradale né condominio, sicché non ci sembra di poter essere tacciati di un interesse diretto nella questione: e possiamo allora senz’altro dire che l’argomento in questione (qui e altrove) è semplicemente falso, perché il compenso dell’avvocato per la sua assistenza tecnica prescinde dalla fase in cui si riesce a ottenere soddisfazione per il proprio cliente, essendo invece collegato al concreto risultato (‘utilità’) ottenuto dall’assistito e non certo dall’andare in causa di per sé (gli avvocati, ci crediate o meno, detestano andare in giudizio perché ne conoscono il reale stato di sfascio).

Ma cosa cambia con l’ingresso delle nuove materie nella mediazione obbligatoria?

Semplice: il sistema della mediazione si bloccherà del tutto.

Già ora ad es. l’organismo di mediazione gestito dall’Ordine degli avvocati di Roma (il più grande della Capitale) è sostanzialmente paralizzato, incapace di assicurare la corretta e tempestiva convocazione delle parti e dunque l’effettivo espletamento della procedura di mediazione. Ha il solo pregio di costare (un poco) meno di altri organismi, sicché (soprattutto in un periodo di spaventosa crisi economica) continuerà ad essere il ‘preferito’ dalle parti.

Ci si mette semplicemente l’animo in pace, si sa di dover perdere quei mesi  (e quei soldi) prima di poter cominciare ‘la causa vera’ e via così.

L’arrivo di una miriade di nuovi casi impedirà del tutto la mediazione; chi pensa il contrario si faccia oggi stesso  un giro in Tribunale (l’organismo deputato alla tutela dei nostri diritti), verifichi quale sia il ritardo nella soddisfazione delle ragioni di chi agisce e poi ci spieghi come potranno far meglio i pochi organismi privati che affronteranno una pari mole di questioni.

Altro aspetto che non mi sembra sia stato troppo evidenziato è quello relativo in particolare alla materia della R.C. auto.

Come noto, fino a oggi la fase delle trattative con l’assicurazione (soprattutto se gestita da un legale capace) si risolveva spesso in un accordo che garantiva il buon soddisfacimento delle ragioni del danneggiato.

Ora tuttavia, con la costruzione del nuovo steccato della mediazione, le assicurazioni avranno assai meno interesse a chiudere un sinistro anticipatamente; certo, se si rifiuteranno ingiustamente di pagare il dovuto con le buone, verranno convocate in mediazione. Magari non si presenteranno, dunque verranno citate in giudizio e –alla fine della causa- probabilmente pagheranno un po’ di più.

Ma la domanda vera è questa: quante persone avranno la costanza (e i soldi) necessari per affrontare questi passaggi? Non certo tutti.

E le assicurazioni, nel valutare la loro convenienza, non guardano certo il caso singolo ma i dati aggregati, le statistiche; sicché potrebbero anche rilevare che la percentuale degli scoraggiati sia tale da assorbire  e remunerare ampiamente i costi per pagare chi sarà invece andato fino in fondo.

[Ah, la statistica, che bella scienza…]

 

L’8 Marzo? In nostra compagnia!

Cari tutti,

siamo felici d’invitarVi a partecipare alla presentazione del libro della  nostra amica Anna Hurkmans, prevista per

Giovedì 8 marzo ore 17
presso la  Biblioteca Ennio Flaiano, via Monte Ruggero 39
Presentazione del libro di Anna Hurkmans “La donna del pittore”

I racconti illustrano momenti particolari nella vita di alcuni grandi artisti o persone celebri, spesso visti attraverso gli occhi di una donna che ha incrociato la loro vita.
Il volume sarà presentato da Giuseppe Rocca (regista, sceneggiatore e docente dell’Accademia “Silvio d’Amico”); letture di Sara Calanna (attrice e regista… direi anche avvocato NdR); brani tratti dai musicals “Vincent” e “Don’t cry Butterfly” cantati da Gaia Bellunato (protagonista nel musical “La Bella e la Bestia”); brani sefarditi e francesi cantati da Anna Hurkmans e Ermanno Testi.

Vi aspettiamo numerosi!

 

 

Anche nel 2012… siamo avvocati convenzionati Family Card!

Come forse ricorderete, già in precedenza, per venire incontro a  chi vive situazioni economicamente difficili, avevamo con piacere aderito alla convenzione proposta dalla Provincia di Roma.

 

La situazione generale del Paese, a voler essere ottimisti… non è migliorata.

 

 

E allora ci è sembrato doveroso, in risposta alla richiesta della Provincia di Roma,  rinnovare senz’altro la convenzione a suo tempo stipulata e dunque continuare a offrire condizioni di favore ai titolari di Family Card.

 

[Se anche non dovesse servirvi per risparmiare qualcosa sulle spese legali, vi consiglio di dare un’occhiata a tutte le altre attività che aderiscono all’iniziativa; c’è davvero la possibilità di risparmiare praticamente in tutto ciò che una famiglia (volente o nolente) si trova a spendere.]

CHI PUO’ RICHIEDERLA?

La FAMILY CARD (anche nel 2012) è UNA TESSERA GRATUITA riservata alle famiglie residenti nel territorio della Provincia di Roma composte da:

  • uno/due genitori e due figli con reddito familiare annuale fino a € 40.000;
  • uno/due genitori e tre figli con reddito familiare annuale fino a €  50.000; dopo il terzo figlio, per ogni figlio in più, il tetto di reddito annuale familiare aumenta di € 5.000.
  • persone ultra 65enni con reddito annuale fino a € 15.000;
  • persone non autosufficienti a carico del nucleo familiare con reddito fino a € 50.000.

Ogni tessera è nominativa, per essere utilizzata va esibita assieme ad un documento di riconoscimento ed è valida fino al 31 dicembre.

Se volete saperne di più sulla card potete scaricare il depliant ufficiale e visitare la http://www.provincia.roma.it/news/family-card-sconti-e-agevolazioni-le-famiglie, dove si spiega anche come richiederla.

L’elenco completo delle attività che hanno aderito alla convenzione potete trovarlo QUI (ci sono anche supermercati, farmacie, librerie etc.).

The Free Dictionary: v intr aderire 1 combaciare unirsi essere strettamente unito ***I pezzi aderiscono perfettamente.

Il dottor Stranamore, ovvero: come imparai a non preoccuparmi e ad amare le liberalizzazioni.

 

Leggo sul sempre aggiornatissimo sito di Altalex la bozza del famigerato D.L. 2012 sulle liberalizzazioni che il governo Monti si appresta a varare; e inizio anche a ricevere al riguardo le usuali mail di sdegno/allarme/chiamata alle armi da parte dei più disparati organismi e  associazioni forensi (qualcuno, nella foga, travolge con morti e feriti anche la lingua italiana).

Con buona pace di chi la pensa altrimenti, personalmente ritengo il provvedimento, almeno per la parte che riguarda gli avvocati, assolutamente positivo e condivisibile; e spero vada in porto al più presto.

Se avrete la pazienza di seguirmi, spiegherò in sintesi il perché, commentando direttamente le norme ‘incriminate’ (riportate in grassetto corsivo).

[…]
CAPO III – SERVIZI PROFESSIONALI
Art. 7
(Disposizioni sulle tariffe professionali)
1. Sono abrogate tutte le tariffe professionali, sia minime sia massime, comprese quelle di cui al capo V, titolo III, legge 16 febbraio 1913, n. 89.

Qua i primi commenti mostrano panico e smarrimento: come faremo a determinare il dovuto?
Non mi risulta aver mai udito analogo terrore in chi vende viaggi o impacchetta cioccolatini, per l’ottima ragione che il “prezzo” è sempre e comunque determinabile; se poi  risulterà troppo alto / basso, lo dirà il mercato (di riferimento; lo stracchino del discount ha un prezzo diverso da quello della boutique gastronomica del centro).

Pronti a fare offerte speciali? Io sì, e sarà divertente.

Personalmente, vedo anzi nella fine delle tariffe una vera e propria liberazione; tutti noi avvocati abbiamo passato (buttato) anni a predisporre note spese e/o parcelle analitiche (come richieste dalla normativa) annotando €2 di spese di fax, €10 di ‘accesso agli uffici’ etc. etc.; salvo poi ritrovarsi a vederle disattese e/o dover comunque rientrare in un certo ‘totale massimo richiedibile’, spesso tutt’altro che indiscutibile o… indiscusso.

 

2. Al primo comma dell’articolo 2233 del codice civile, sono apportate le seguenti modificazioni: a) Le parole “le tariffe o” sono soppresse; b) Le parole “sentito il parere dell’associazione professionale a cui il professionista appartiene.” sono sostituite dalle seguenti “secondo equità.”

Qui si modifica la norma del c.c. che prevede  come determinare un compenso per il professionista nel caso non vi sia un accordo preventivo (e cioè un contratto); d’ora in poi, se non potrà essere determinato “secondo gli usi”, il Giudice (perché questa norma serve nel caso di giudizi tra professionista e cliente) lo determinerà ‘secondo equità’.

Questa ultima espressione spaventa molti: saremo dunque rimessi all’arbitrio del giudice?
Sinceramente, mi viene da sorridere.
In vent’anni di frequentazione dei tribunali, e con parecchie cause ormai alle spalle, i casi in cui un Giudice abbia accolto integralmente la richiesta portata dalle mie (sia pur accuratamente calcolate) note-spese si conta sulle dita di una mano.
Da sempre i giudici si sentono liberi di rideterminare il compenso dovuto all’avvocato; e mai il ‘parere dell’associazione professionale’ è stato da essi ritenuto vincolante in alcun modo.

 

3. Al primo comma dell’articolo 636 del codice di procedura civile, le parole da “e corredata da“ fino a “in base a tariffe obbligatorie” sono abrogate.

Questa è la norma relativa ai decreti ingiuntivi richiesti dai professionisti per gli onorari non pagati; si elimina qui il parere obbligatorio di congruità dell’Ordine (che del resto, come detto, con le nuove norme non conta più nulla per il giudice).
Il professionista qui risparmia una percentuale (nel caso ad es. degli avvocati, pari al 2%) calcolata in base agli onorari richiesti (ma ancora non incassati), compenso che l’Ordine ti richiede(va) per emettere tale parere.
Parere, occorre ribadirlo, fino ad oggi invece necessario (=costo sicuro) ma niente affatto insindacabile in giudizio (e ci mancherebbe).

 

4. Alla legge 16 febbraio 1913, n. 89 sono apportate le seguenti modificazioni: a) Il comma 2 dell’articolo 74 è soppresso; b) All’articolo 79: la parola “379” è sostituita dalla parola “636”; le parole da “al pretore” fino a “competenza per valore” sono sostituite dalle seguenti: “al giudice competente che decide ai sensi dell’articolo 2233 del codice civile”; l’ultimo periodo è soppresso.

Questa norma riguarda specificamente i notai,  e li riconduce giustamente alla normativa generale dei professionisti in tema di determinazione dei compensi.

 

Art. 8
(Obbligo di comunicazione del preventivo)
1. Tutti i professionisti concordano in forma scritta con il cliente il preventivo per la prestazione richiesta. La redazione del preventivo è un obbligo deontologico e costituisce illecito disciplinare.

Qui il timore della categoria si articola in più varianti. Ovvero:
a-    Come potremo calcolare il preventivo?
Esattamente come facciamo adesso.
Non c’è avvocato che non sappia dare al cliente (o abbia in cuor suo) almeno un’idea di massima di quanto costerà una causa.

b-    Resteranno fuori delle spese / attività / competenze non prevedibili all’atto del preventivo!
Bisogna capirsi su cosa intendiamo per preventivo: l’avvocato che pensa a un foglio bianco con scritto solo ‘la causa Le costerà €4000,00 tutto compreso’ può tranquillamente rassegnarsi al peggio, i suoi timori troveranno piena conferma nelle infinite variabili del giudizio.
Il preventivo dovrà per forza di cose essere analitico, prevedere il ‘pacchetto base’ che sarà ricompreso nel prezzo e le ulteriori varianti (gli optional  🙂 ) che si potrà scegliere o meno di ‘acquistare’ anche più avanti.
Una gita da un qualunque concessionario auto può aiutare a chiarirsi le idee.

c-    Le cause sono un qualcosa di troppo complesso per poter essere ricomprese in un preventivo!
Costruire case è attività almeno altrettanto complessa e di pari durata; eppure il costruttore sa dirci quanto l’opera finita ci costerà.
L’argomento dunque non regge.

Piuttosto un preventivo (accettato, e dunque un contratto) ben fatto, ha tantissimi vantaggi:
A)    Fa chiarezza immediata tra le parti (col noto corollario… dell’amicizia lunga);
B)    Permette alle parti di stabilire un chiaro piano dei pagamenti (con scadenze o rate prefissate e la possibilità di bloccare subito la prestazione in caso d’inadempimento);
C)    Elimina alla fonte i clienti indesiderabili, giacché chi ha poca o nessuna intenzione di pagare il professionista non accetterà certo di vincolarsi per iscritto;
D)     Elimina ogni necessità per il professionista di dover calcolare (e giustificare) analiticamente le singole voci che compongono il totale dovuto;
E)    Elimina ogni ‘sorpresa finale’ per i clienti, che potranno serenamente programmare anche l’onere finanziario collegato all’incarico professionale.

 

(segue)
2. Nell’atto di determinazione del preventivo il professionista ha l’obbligo di indicare l’esistenza di una copertura assicurativa, se stipulata, per i danni provocati nell’esercizio dell’attività professionale, la sua durata e il suo massimale.

3. Il presente articolo non si applica all’esercizio delle professioni reso nell’ambito del servizio sanitario nazionale o in rapporto di convenzione con lo stesso.

Ritengo incosciente lavorare senza una copertura assicurativa professionale e personalmente ne ho una da circa quindici anni;  la norma mi pare dunque ineccepibile  (senza contare che l’obbligo sarebbe comunque scattato già quest’anno in ragione di precedenti disposizioni).
Le prestazioni rese nel SSN sono esonerate perché esiste già la copertura obbligatoria da parte delle AASSLL e delle strutture private coinvolte: ma ricordo ai medici che questo non li pone al riparo dall’essere citati in giudizio personalmente (a volte, anche dalla stessa struttura per cui lavorano).

 

4. Entro novanta giorni dall’entrata in vigore del presente … i codici deontologici si adeguano alle previsioni del presente articolo.
Ovviamente.

 

Art. 9
(Accesso dei giovani all’esercizio delle professioni)
1. All’articolo 6 della legge 9 maggio 1989, n. 168, dopo il comma 3, è inserito il seguente: “ 3 bis. Le università possono prevedere nei rispettivi statuti e regolamenti che il tirocinio ovvero la pratica, finalizzati all’iscrizione negli albi professionali, siano svolti nell’ultimo biennio di studi per il conseguimento del diploma di laurea specialistica o magistrale; il tirocinio ovvero la pratica così svolti sono equiparati a ogni effetto di legge a quelli previsti nelle singole leggi professionali per l’iscrizione negli albi. Sono esclusi dalla presente disposizione i tirocini per l’esercizio delle professioni mediche o sanitarie. Resta ferma la durata massima dei tirocini prevista dall’articolo 33, comma 2 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214”.

Sono favorevole a qualunque norma agevoli l’ingresso dei giovani nella professione. Spero che si configuri un tirocinio efficace, che davvero insegni qualcosa in più rispetto alle necessarie nozioni teoriche; ma questo potrà dircelo solo la concreta attuazione di tale norma.

 

Questo in sintesi… ma ora, come s’usa dire, dite la vostra che ho detto la mia.

 

[Chi cercasse invece notizie sul film che ha ispirato il titolo di questo post, può far rotta su Mymovies]

SETTE LEGGENDE DA SFATARE IN MATERIA DI SEPARAZIONE

 

Sono molti i luoghi comuni nel campo delle separazioni, vere “leggende metropolitane” in grado di fare parecchi danni a chi dà loro retta.
Vediamo allora di spazzarne via alcuni analizzando

 

SETTE LEGGENDE DA SFATARE IN MATERIA DI SEPARAZIONE

  1. “Nella separazione i figli vanno sempre alla madre.”
    Questo non è vero, almeno non sempre.
    Dopo la riforma del 2006, voluta dal legislatore proprio per porre rimedio a una condizione che vedeva i padri in assoluto svantaggio nell’assegnazione dei figli, è stato adottato un criterio nuovo, quello della bigenitorialità, che permette e anzi impone a entrambi i genitori di partecipare in modo paritario e consente di evitare così che l’apporto dei padri in particolare si traducesse semplicemente nel versamento di una somma mensile (senza poter poi metter bocca sulle decisioni prese da sola la madre).
    Oggi abbiamo dunque la possibilità di modulare nel modo migliore e nel rispetto delle esigenze di entrambi un rapporto con i figli basato sulla compartecipazione e sulla codecisione per quel che riguarda le scelte importanti e i momenti significativi della vita dei separati.
  2. “Nelle separazioni la moglie prende sempre l’assegno di mantenimento”.
    Non è affatto vero.
    Intanto la legge non parla di mogli o di mariti ma parla genericamente di ‘coniuge economicamente più debole’.
    Nella nostra pratica professionale sono ormai frequenti casi in cui le mogli guadagnano più dei mariti, e questo si traduce (nei provvedimenti del tribunale) nell’assenza di qualsiasi provvedimento economico in favore delle mogli economicamente avvantaggiate; semmai residua (ma è cosa diversa) il solo assegno per i figli minori nel caso sia la moglie a tenerli presso di sé la maggior parte del tempo (cosa che abbiamo appena visto essere tutt’altro che scontata).
  3. “Nelle separazioni la casa coniugale va sempre alla moglie.”
    Anche questo non è più vero (o almeno non è più vero come è stato fino a pochi anni fa).
    In realtà dal punto di vista tecnico-giuridico non è mai stato vero; la norma prima vigente non parlava di ‘casa assegnata alla moglie’ ma di casa coniugale assegnata al coniuge al quale venivano affidati i figli.
    Adesso la norma indica quale assegnatario il genitore presso il quale vengono collocati in prevalenza i figli. Quindi non è l’essere madri o padri ma l’essere genitori “affidatari in prevalenza” dei figli minori a decidere chi resti in casa e chi vada fuori.
  4. La casa va sempre alla moglie, anche se non ci sono figli.”
    Falso. Se non vi sono figli non vale quello che  è previsto per la tutela di questi ultimi (v. punto precedente).
    Senza figli valgono dunque le regole generali della proprietà e il coniuge che non sia anche proprietario o almeno comproprietario dell’immobile non potrà restarci (se non per sopperire a esigenze immediate).
    Nel provvedimento definitivo che chiude il procedimento il tribunale non potrà mai (contro la volontà del coniuge proprietario) assegnare la casa coniugale alla moglie (in generale, al coniuge non proprietario) senza figli minori.
  5. L’assegno per i figli dei separati va pagato solo fino alla loro maggiore età.”
    Anche questa convinzione è molto diffusa ma è del tutto errata.
    I figli vanno mantenuti dai genitori anche oltre la maggiore età, a condizione che continuino con profitto i loro studi o che -pur senza studiare- ricerchino attivamente l’occupazione.
    Quanto dura allora l’obbligo di mantenimento in questione?
    Dura finché i figli non raggiungono l’autonomia economica. Anche se hanno trent’anni.
  6. “Il genitore disoccupato non è tenuto ad alcun mantenimento.
    Altra leggenda assai diffusa; a volte porta genitori poco responsabili addirittura… a licenziarsi (davvero o più spesso formalmente) dal loro lavoro, per figurare privi di reddito e quindi nulla aver da versare ai figli o al coniuge.
    I tribunali sono abituati a simili tristi sotterfugi e vanno oltre il dato formale, potendo disporre anche indagini di polizia tributaria, a carico non solo del coniuge ma anche di terzi (società fiduciarie, parenti, datori di lavoro in nero etc.), per accertare quali siano le reali condizioni economiche.
    E’ assai difficile sfuggire all’accertamento della polizia tributaria.
    Senza dimenticare che il tribunale -ove necessario- condanna a versare un assegno anche il coniuge formalmente disoccupato; se il coniuge disoccupato non potesse immediatamente pagare, tale debito resterà comunque a suo carico negli anni e potrà essere azionato dall’altro coniuge o dai figli maggiorenni anche a distanza di anni, cogl’interessi e la rivalutazione.
  7. “Se non mi presento in tribunale mio marito/moglie non potrà andare avanti con la causa.
    Errore gravissimo che però ancora qualcuno si ostina a voler commettere, rischiando così di compromettere in modo serio la possibilità di far valere le proprie ragioni.
    Marito e moglie hanno il diritto di separarsi, che l’altro voglia o no: il coniuge che vuole separarsi può dunque anche da solo far depositare il ricorso di separazione che verrà notificato all’altro coniuge. Se questi non ritirerà l’atto e non si difenderà nel processo con il suo avvocato subirà passivamente le conseguenze della decisione presa dal tribunale anche in sua assenza (tecnicamente “in sua contumacia”) quale che sia il provvedimento emesso dal tribunale (destinato peraltro a durare finché le condizioni sottostanti economiche non cambino in modo significativo).
    Se vi arriva dunque la notifica del ricorso… ritiratela senz’altro.

E correte dal vostro avvocato matrimonialista.

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(l’immagine è di johnbullas – CC)

 

 

 

Un concorso… davvero smart!

A proposito di passioni… extradiritto, eccovi il breve resoconto scritto sulla presentazione del Sony Ericsson Mobile Festival, cui ho partecipato per conto di VideoMakers.net (là mi chiamano ilpoveropiero).
Buona lettura!

[articolo apparso originariamente su www.videomakers.net]

Il regista D’Onofrio… e un riflesso inquietante